E Se i Genitori Fossero Alleati Con(tro) i Docenti ?

Mancano pochi giorni al via di un nuovo anno scolastico e, oltre a chiedermi quali classi e quali sezioni, quale cattedra avrò, in fondo anche un altro pensiero mi abita: con quali studenti e con quali famiglie percorrerò questo nuovo tratto di strada, l’avventura del nuovo anno scolastico?. Anche loro saranno una parte importante per me, anzi, faranno la differenza!

Anche i genitori? Sì, anche i genitori, perché, nonostante la pessima fama che li accompagna nell’immaginario collettivo, sono convinta che noi docenti abbiamo bisogno di loro per il successo formativo dei nostri studenti e che siano una grande risorsa!
Se non godiamo della loro stima, della loro fiducia, se mettono in discussione il nostro lavoro o la nostra persona, sarà più difficile instaurare in classe una relazione educativa efficace, e con loro uno scambio, una collaborazione.

Mi obietterete che la cronaca (basterà ricordare i genitori milanesi che nel gennaio 2013 hanno picchiato un professore per aver mandato fuori dall’aula lo studente maleducato, oppure il padre siciliano che nell’ottobre 2014 ha picchiato un prof per aver rimproverato una studentessa che usava il cellulare in palestra; non ultimo il caso di Cuneo in cui lo scorso aprile un gruppo di genitori ha difeso i propri figli dopo un atto di palese bullismo collettivo) è piena di genitori che picchiano docenti per difendere i figli, che proclamano l’inutilità dei compiti assegnati, che corrono a cambiargli scuola di fronte ad un problema…e l’esperienza ricorrente è caratterizzata da genitori poco partecipi della vita della scuola e, quando lo sono, non per collaborare.

A chi di noi non è mai capitato il genitore “so tutto io”, quello “…se permette un consiglio”, quello “mio figlio non intendeva…”, “…sa, sono ragazzi!”, quello che sa come si insegna l’italiano, la matematica e pure il latino, e quello che ha chiaro come andrebbe riformato tutto il sistema…?

Dunque genitori che firmano il Patto educativo ma non comprendono che è molto più di un semplice atto amministrativo, che non si interessano del lavoro dei figli o, viceversa, li assistono nello svolgimento dei compiti fino a sostituirsi a loro, genitori spesso assenti nella relazione con la scuola (pur avendo uno spazio proprio negli organi collegiali), ma sempre pronti a comparire per polemizzare sulle scelte dei docenti, per difendere il rampollo di fronte ad evidenze incontrovertibili e, recentemente, impegnati a commentare tutto ciò che avviene nelle famigerate chat di whatsapp.

genitori fossero alleati

Un quadro catastrofico, che scoraggerebbe chiunque dal fare il docente.

Come negare? Del vero probabilmente c’è.

Eppure la loro presenza nella scuola non era stata pensata così.
Negli anni ’70, la partecipazione è stata una conquista, frutto delle istanze del ’68; allora la scuola si è aperta alle famiglie istituendo gli organi collegiali (Decreti delegati 1974 – Testo unico delle leggi sull’istruzione D. Lgs 297/1994), assegnando anche ai genitori, un ruolo attivo, un’occasione per essere co-protagonisti.
Questa apertura è, poi, proseguita con l’introduzione del Patto educativo di corresponsabilità (DPR 235/07 che ha modificato il DPR 249/98) “finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie” per promuovere una comune azione educativa, per creare un clima sereno, favorire lo sviluppo del senso di responsabilità e l’impegno nel rispetto dei ruoli e delle competenze di ciascuna componente.

Ormai, invece, molti genitori percepiscono la scuola come un servizio, non come una comunità educante; si sentono utenti, fruitori, non collaboratori; hanno richieste e aspettative nei confronti della scuola, ma non forniscono il proprio contributo positivo al dibattito educativo e alla progettazione didattica.

La grande chance della partecipazione sembra fallita, sembra essersi ridotta alla presenza per l’elezione dei rappresentanti di classe, alla polemica di fronte ad insuccessi e disguidi, a una visita in presidenza all’insorgere di una difficoltà, all’accesso agli atti per qualche accertamento.

Spesso, ma non sempre.

È l’altra parte del cielo che mi piace guardare: tanti genitori si interessano al mondo scolastico, partecipano fattivamente, danno il loro contributo e, soprattutto, guardano ancora noi docenti come punti di riferimento.

Sì, perché accanto ai primi, ci sono tutti gli altri: quelli che non fanno notizia, quelli che raccolgono fondi per la carta igienica, dipingono le aule della scuola, si coinvolgono nelle attività extrascolastiche, creano “carte sconto di quartiere”, si organizzano in fondazioni per la raccolta fondi, individuano aziende come sponsor, finanziano progetti e, poi, quelli che chiedono un colloquio per condividere le loro preoccupazioni, che ci fermano sui corridoi per un consiglio, che ci scrivono un’email per un ringraziamento, quelli che si fidano di noi, ci rispettano, a volte addirittura ci stimano!

È vero, ci osservano con attenzione, scrutano le nostre mosse, soppesano le nostre parole, valutano le nostre scelte, ma, poi, quando la relazione educativa, il lavoro didattico e la conoscenza reciproca crescono, si appassionano, gioiscono, partecipano, stimano.

E ce lo condividono, ce lo manifestano.

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Tutte le volte che preoccupati confidano che “non riconoscono i loro figli che stanno cambiando”, quando chiedono come aiutarli, se farli seguire o meno, ogni volta che con fierezza raccontano i loro successi sportivi o musicali, che ci condividono ferite e situazioni familiari, preoccupazioni e pensieri di genitori desiderosi di capire, sostenere, accompagnare i propri figli nella crescita, ogni volta ci stanno dando fiducia, ci stanno riconoscendo un ruolo di docenti, guide, educatori.

E, poi, ci sono le volte che ci ringraziano.

Il grazie per un’opportunità offerta, la gratitudine per un progetto, un viaggio d’istruzione, un’attività, per la serenità dei loro figli, per una parola detta o per una ascoltata, per un incoraggiamento. Il grazie perché i figli ci guardano come un esempio, come testimoni di un impegno serio e di un futuro possibile, di un adulto raggiungibile, anzi, vicino.


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Capitano anche i ringraziamenti dopo un debito formativo o la bocciatura, sì, capitano anche questi: genitori che, consapevoli della situazione del proprio figlio, demotivato, resistente ad ogni stimolo o, viceversa, impegnato ma senza alcuna crescita nelle proprie competenze, ci ringrazia, perché si è sentito accolto, stimolato, valorizzato nel proprio sforzo, accompagnato nel proprio percorso.


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E, inattese, ci sono occasioni per cui in uno slancio ci manifestino il loro affetto!!

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Sono questi i genitori che incontriamo tutti i giorni. Non sono quelli del mulino bianco, certo, non lo sono più, non lo sono mai stati. Arrivano spesso feriti da incertezza economica e fatiche relazionali, preoccupati per le fragilità dei figli, spaventati dal timore dell’insuccesso, bisognosi di certezze, di trovare nella scuola professionisti validi e interlocutori attendibili, adulti significativi, capaci di uno sguardo che valorizzi i propri figli.

Lo so, e non mi illudo, ma sono certa che, se il nostro sguardo sarà attento e presente, se si poserà sui loro figli e su di loro in maniera costruttiva, se davvero riusciremo a far innamorare i ragazzi del vero, del bello che sono dentro la realtà e, quindi, dentro ogni disciplina, una possibilità c’è che non siano CON-TRO di noi, nonostante i nostri limiti, ma alleati CON noi in questa nuova avventura che inizia.


Autore articolo
Maria Rosaria Fiorelli

Maria Rosaria Fiorelli

Insegnante

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1 commento su “E Se i Genitori Fossero Alleati Con(tro) i Docenti ?”

  1. Complimenti per le cose che dice. Non ho avuto la possibilità di conoscerla ma lei è probabilmente quella parte di docenti che crede nel proprio lavoro e giustamente ne riceve anche soddisfazioni. Tuttavia nel rapporto genitori – docenti tenga conto che, se è vero che vi sono genitori cafoni e presuntuosi, vi sono anche docenti cafoni e presuntuosi. La mia espereinza di genitore a scuola è stata terribile e sono felice che i mie ifigli si siano liberati da quella vera e propria schiavitù che è stata la scuola, per loro e per me. E pur essendo io laureato, ma in tempi ben più felici di questi, tendo a sconsigliare a tutti i giovani di stare troppo a scuola. La scuola di oggi, fa male ai giovani. Nonostante le belle testimonianze di docenti come lei.

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