Insegnerete per Trent’anni ma non Insegnate un Anno per Trenta Volte

Prendo spunto da un post pubblicato alcuni giorni fa su questo sito e che recitava, più o meno: “Potete insegnare per trent’anni, ma non insegnate trenta volte lo stesso anno.

 

Premetto che io insegni nelle scuole medie… pardon, secondarie di primo grado (perché la vera riforma della scuola è stato cambiare i nomi, anche se continua, poi, a mancare la carta igienica) una materia difficile: matematica (e scienze).

 

Difficile non perché sia di per sé difficile, ma perché spesso viene mal digerita dagli alunni per la sua nomea, dagli alunni, ma non dai miei.

 

non insegnate

 

Io ho iniziato ad insegnare come supplente ancora da studente ed al secondo anno, ma forse era addirittura il primo, un alunno mi disse: “Sa prof, io ho sempre odiato la matematica perché non l’ho mai capita, ma con lei la capisco e ho scoperto che mi piace”;  il più bel complimento che un insegnante possa ricevere.

 

Fin da allora ho pensato che i libri di testo dovessero essere solo degli eserciziari e che la matematica non si può studiare sui libri, ma va fatta capire dal docente e allora ho sempre cercato nuovi modi, nuove strade.

 

Qui non c’è lo spazio e il tempo, ma chi andasse sul mio blog troverebbe due raccontini, ma che più che racconti sono due lezioni intitolati “L’alba dell’uomo”, che spiega a mio vedere la nascita delle operazioni e “le olimpiadi delle operazioni” che spiega come usarle.

 

Per inciso, un giorno durante una supplenza di un’ora in una classe prima non mia, per tenere buoni gli alunni lessi il primo e notavo che un ragazzino disegnava: pensai che non fosse interessato, invece illustrava con disegni il mio racconto!

 

Una didattica nuova, dicevo, malvista da quelle che io chiamo la cupola delle carampane (quelle dell’anno trenta volte) che costringe per la sua semplicità gli alunni a capire.

 

Esempi? Brevemente: per la geometria solida, invece di usare cabrì o geo gebra, porto a scuola una confezione (vuota) di Toblerone,  la scatola di una lampadina, l’anima di un rotolo di carta igienica, un cubo porta post-it ed altre cose simili, oggetti che i ragazzi conoscono, sui quali al primo momento ridono e scherzano.

 

Cosa sono questo oggetti? Prismi, cubi, cilindri, vuoti e pieni, chiusi ed aperti per dimostrare che le superfici dei solidi altro non sono che figure piane.

 

Per spiegare le equazioni, invece, ho la fotografia di una vecchia bilancia a piatti, molto più efficace che non le regole mnemoniche sui principi di equivalenza.

 

Così ogni anno cerco nuove strade, cerco di rinnovarmi, anche se manca poco alla fine carriera e ho sempre sostenuto che quando si va in pensione, non solo nell’insegnamento ma in qualunque campo, si è imparato forse il 30%  del proprio mestiere (e quelle dell’anno 30 volte l’1%).

 

Marco Ernst, insegnante

 


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