Sindrome di Asperger: “Mi chiamo Julie, ho 29 anni e sono una ragazza in gamba”

Vi sarà spesso capitato di sentire parlare della Sindrome di Asperger. Ma in che cosa consiste? Come si manifesta?

In un’intervista pubblicata su Marieclaire.fr., Julie, una giovane donna con tale Sindrome, racconta la sua storia che abbiamo deciso di riportare per esteso: a noi ha aperto un mondo.

Buona lettura!

<<Mi chiamo Julie, ho 29 anni e sono una ragazza in gamba. Ho scoperto un giorno su Internet che sono affetta dalla sindrome di Asperger. Non posso, per esempio, parlare con due persone contemporaneamente o dormire nello stesso letto con il mio ragazzo. Da che ho ricordo di me, mi sono sempre trovata strana. Agli altri ho sempre dato l’impressione di essere molto intelligente. Quando vivevo a Nantes e andavo ancora a scuola, non ci facevo molto caso, ma mi capitava spesso di osservare attentamente gli altri e di imitarli, per comportarmi nel modo “corretto” ed evitare errori.

Le cose sono diventate più chiare quando ho iniziato il liceo. Si doveva parlare in un gruppo. Era finita l’epoca in cui potevo mimetizzarmi nel gruppo per non essere notata. Iniziarono i rituali di corteggiamento tra ragazze e ragazzi. Ho anche dovuto seguire la moda per essere accettata. Ho iniziato a sentirmi esclusa e a non capire cosa stava succedendo. Avevo l’impressione che tutti fossero cresciuti improvvisamente e che solo io fossi rimasta bloccata in una fase infantile.

Studentessa brillante, mi chiedevo come potessi avere buoni voti essendo così indietro rispetto al resto della classe nelle cose più elementari. Sono così ingenua che capisco solo le cose più esplicite. Non capisco le allusioni, i sottintesi, le battute… Per esempio, un giorno delle “amiche” mi hanno assicurato che un certo ragazzo si era innamorato di me. Così lo invitai a uscire. Il ragazzo, che ignorava la mia esistenza, rifiutò la mia proposta e io continuai a insistere. Un’altra persona al posto mio avrebbe immediatamente capito lo scherzo.

Sto imparando a conoscere la vita per tentativi ed errori, con dolore. Il mio problema è che ho tenuto per me tutte le domande che avrei voluto fare. E nel corso del tempo, ho somatizzato. Mi sono graffiata fino a farmi uscire il sangue, avevo sempre il raffreddore o la polmonite… Dopo avere iniziato e lasciato studi diversi, colpita ogni volta da una stanchezza inspiegabile, sono arrivata a Euromed, un istituto di management a Marsiglia. Nella mia classe, eravamo una ventina, tuttavia era difficile creare dei legami. Una situazione tipo? Una compagna mi invitava a pranzo, io mi presentavo a casa sua con un panino. Mi avrebbe dovuto precisare che non dovevo portarmi il pranzo! Malintesi di questo tipo mi capitano ogni giorno.

Poi ho incontrato un ragazzo e ha scoperto con gioia che le mie difficoltà sociali non mi impedivano di avere una relazione. Ma un giorno mentre stavamo andando in macchina a Brest a trovare dei suoi amici ho avuto un attacco d’ansia. Piangevo, tremavo, mi sentivo soffocare, ero calda poi fredda. Fummo costretti a tornare indietro.

Al telefono mia madre mi disse: «Julie un giorno andiamo dallo psichiatra. C’è qualcosa che non va in te». Aveva ragione: non è normale che io sia in grado di parlare con una sola persona alla volta e solo in un ambiente familiare. A lei che mi sta intervistando sembrerà di parlare con una ragazza strana rispetto alla media, ma non può immaginare quanto questo processo intellettivo sia difficile e faticoso per me. Ora va bene perché siamo solo io e lei e parliamo di un argomento che conosco. Ma non è sempre così.

sindrome asperger

Una volta feci uno stage in una società di reclutamento a Parigi. Pensavo che lavorare dieci ore al giorno bastasse per essere apprezzata. Invece no, dovevo anche essere simpatica e pranzare con i colleghi. Declinavo sistematicamente i loro inviti per essere sola durante la pausa pranzo. Anche alla macchina del caffè non sono capace di parlare con più persone contemporaneamente. Risultato: mi consideravano una ragazza snob e presuntuosa. Il mio capo un giorno mi chiamò per farmelo presente. Non capivo di cosa stesse parlando. Cinque mesi dopo, sotto sedativi, diedi le dimissioni.

Dopo sei mesi di disoccupazione, iniziai a lavorare in una società di sviluppo immobiliare. Dopo avere imparato la lezione, stabilii molti rapporti con i miei colleghi. Ma questo non bastò. Oltre al mio essere poco socievole, mi veniva criticato il mio sguardo, troppo giovane e poi non ero abbastanza femminile. Passai all’agenzia immobiliare di mio padre. Incontrai anche un ragazzo su un sito di incontri. Come avrei potuto entrare in contatto con un ragazzo in altro modo?

Ma non è semplice: se non dormo le mie dieci ore di sonno, non riesco nemmeno a uscire di casa il giorno successivo… È per questo che devo dormire da sola, cosa che sconvolse il mio compagno, proprio come il primo. La vita tipica delle giovani coppie senza figli come fare tardi mi stanca da morire. Come un turista in una città straniera, per seguire una conversazione insieme alla musica mi stanco a tal punto che non riesco nemmeno ad aprire bocca. Troppe informazioni e troppo velocemente per me. Ogni volta il mio cervello si blocca.

Ho delle strategie segrete di sopravvivenza. Si tratta di alcune formulette pronte per rendere le conversazioni più fluide. Ho anche imparato a rispondere alla domanda «Stai bene?»«Sì, sto bene» aggiungendo un piccolo «Ah» e «Oh» per dare una parvenza di spontaneità. Gli amici del mio ragazzo pensavano che fossi pazza. Una domenica svenni in bagno. Il mio corpo si lasciò andare, una sorta di burnout.

Cercando su Google i miei sintomi ho trovato la testimonianza di una donna che descriveva la sindrome di Asperger, una forma di autismo. Mi riconobbi in quello che diceva, ma mi dissi. «No, non è possibile, non io». Avevo in mente tutti i luoghi comuni sull’autismo: un bambino che urla picchiando la testa o Dustin Hoffman che conta le carte in Rain Man.

Nel febbraio 2013, dopo diversi giorni di test in un centro specializzato, mi è stata ufficialmente diagnosticata la sindrome di Asperger. Se non fossi entrata nel forum di “aspie girls” – come lo chiamiamo tra noi – non so se sarei ancora in questo mondo. Perché mi sentivo così incompresa, fraintesa ed esausta che spesso ho avuto voglia di farla finita. Tutto è diventato chiaro. L’autismo Asperger è un disturbo pervasivo dello sviluppo genetico. Non sono quindi psicotica, ma diversa.

Il dottor Tony Attwood, un esperto inglese che lavora in Australia, mi ha spiegato che per un’ora di interazione, l’autistico di Asperger ha bisogno di un’ora di riposo. Sono stata molto forte se ho lavorato così duramente per 27 anni, se mi sono inserita in una società alla quale non sono affatto “adatta”, se ho ottenuto un master. Ho iniziato una vita nuova. Ho lasciato il mio compagno. Non sono più innamorata, lo sono stata. Le “aspie girls” non sono né fredde né sociopatiche, anzi possono provare emozioni molto intense. Il problema è riuscire a esprimerle al momento giusto. È come essere dei Mac in un mondo di pc (ride).

Vivo con tre cani e due gatti. Sto bene. Faccio quello che voglio, dormo senza costringermi a svegliarmi sperando di avere l’aria più socievole. Ho aperto un blog dedicato alla sindrome di Asperger al femminile. È fantastico perché molte donne che ne soffrono mi contattano. Mi sono laureata con una tesi su questa malattia e mi chiamano per parlare a delle conferenze. Sono rinata. Ora sono in pace con me stessa>>.

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