2000 Mascherine agli Ospedali e Forze dell’Ordine: il Regalo di Paolo Palumbo, Malato di Sla

Lo avevamo conosciuto durante l’ultimo Festival di Sanremo, di cui era stato ospite. Paolo Palumbo, lo chef 22enne malato di SLA, ha compiuto una bellissima azione di generosità, acquistando duemila mascherine e regalandole a strutture che ne hanno bisogno. Paolo ha annunciato sui social:

Ho acquistato 2000 mascherine mediche certificate che proteggono al 99%! Le ho acquistate per donarle all’ospedale della città in cui vivo e alle forze dell’ordine, per proteggerli più che possiamo dal Covid-19. Ma non solo, mi rivolgo a chi ha una persona potenzialmente a rischio o a chi lavora come operatore sanitario a contatto con pazienti e non ha i presidi di protezione. Farò in modo da farti avere le mascherine”.

La prima struttura ad usufruire delle mascherine è stata la ASSL di Oristano, che ha commentato: “Il giovane chef oristanese affetto da Sla Paolo Palumbo ha donato mille mascherine chirurgiche alla nostra Assl: a consegnarcele oggi è stato il fratello Rosario. Grazie di cuore a Paolo e ai suoi familiari per questo gesto di generosità, che si unisce a quello dei tanti enti, associazioni e privati cittadini impegnati in questi giorni a sostenere i nostri operatori sanitari“.

Paolo combatte contro la SLA da quattro anni. Amadeus lo scorso febbraio lo ha ospitato sul palco di Sanremo, affinché il suo messaggio di speranza potesse arrivare a tutti. E da lì, attraverso la voce di suo fratello Rosario, Paolo ci ha fatto sapere:

Rosario e la mia splendida famiglia mi hanno insegnato cosa significa la parola sacrificio, dedicandomi la loro vita senza chiedere nulla in cambio se non di rimanere qui con loro. Grazie al loro amore ho scoperto di avere una forza interiore che non sapevo di avere e che vorrei trasmettervi perché sono convinto che ce l’abbiamo tutti anche se non ce ne rendiamo conto. È stato grazie a questa forza che la Sla non è riuscita a impedirmi di diventare uno chef e di realizzare tutto quello che avevo in mente di essere. Perciò la mia non è la storia di un ragazzo sfortunato, ma di un ragazzo che non si è arreso alle difficoltà e ha imparato a farne un punto d’appoggio sul quale costruire qualcosa di nuovo“.

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