Quelle di letto-scrittura sono tra le abilità cognitive più complesse e richieste dalla nostra società, una società che oggi ha modificato gli standard dei suoi tempi di attesa, riducendoli in modo considerevole. Un vortice che tra mass media, social e internet chiede una repentina capacità di risposta agli stimoli ambientali, quasi robotica e meccanica; in questo vortice, la stessa didattica viene inglobata in termini di velocità esecutiva richiesta, scadenze, programmi e tempi a disposizione.
Probabilmente tale velocità richiesta non si addice, come fosse un abito troppo ampio, a tutti quegli studenti che presentano qualche difficoltà nel seguire certi ritmi di lettura, scrittura e calcolo.
Ciascuno scrive la propria storia scolastica, per alcuni fatta di errori ortografici, sali e scendi sul foglio e con qualche inversione sillabica di troppo ma pur sempre una storia ricca di contenuti e impegno, per il tempo profuso nello scrivere ogni singola parola, malgrado l’estrema lentezza e fatica. Una lentezza di cui forse dovremmo avvertire la nostalgia.
In un quadro di complessità scolastica, la didattica viene oggi strutturata secondo il principio dell’inclusività, intesa anche e soprattutto secondo una dimensione di rispetto dell’individualità con o senza la presenza di difficoltà specifiche nell’apprendimento. Le classi sono caotiche e numerose, le strutture spesso poco idonee e i bisogni degli studenti sembrano essere diversi rispetto agli anni passati.
Molti insegnanti si chiedono: cosa è cambiato? La mia didattica forse non è più adeguata?
Premesso che coloro che si pongono queste domande sono già vicini alla risoluzione del problema. La complessità si risolve semplificando e riducendo ai minimi termini ciò che appare come un sistema complesso; un’attenta riflessione ci induce a comprendere che le dinamiche all’interno di una classe sono variegate, alcuni bambini saranno molto attenti e interessati alla lezione, altri molto distratti e poco coinvolti, un paio avranno appena ricevuto una diagnosi di DSA, uno invece ancora attende, un altro bimbo sarà iperattivo e qualche altro sarà etichettato come quello con la testa fra le nuvole, molto probabilmente sarà disprassico.
Bene, la complessità non è di certo da sottovalutare e una didattica uguale per tutti renderebbe fallimentare lo stesso principio di uguaglianza seppure di nobile retaggio, nelle sua più sostanziale delle accezioni, proprio perché una didattica orientata in questa sola direzione condurrebbe esclusivamente i più abili verso vette vertiginose.
Mi chiedo dunque quale possa essere la soluzione?
E se… quando stiliamo insieme, noi professionisti, nel mio caso pedagogista e voi insegnanti, un piano didattico personalizzato per lo studente con Dsa o comunque con bisogni educativi speciali, estendessimo lo stesso documento a tutta la classe?
Stesse strategie didattiche e di intervento. In tal modo forse riusciremmo a condurre non solo i più abili verso vette vertiginose ma qualche altro ad elevate altezze, fornendo delle attrezzature idonee da supporto.
Di seguito suggerisco qualche STRATEGIA DI INTERVENTO:
- Strumenti: schemi, mappe, materiali multimediali, testi con immagini di sequenze temporali e topologiche;
- Gratificare e incoraggiare con elogi difronte ai successi accrescendo la motivazione all’apprendimento e l’autostima;
- Incoraggiare l’apprendimento favorendo le attività in piccoli gruppi;
- Nominare assistente dell’insegnante, capofila o leader del gruppo il lo studente iperattivo;
- Evitare dettati e copiati alla lavagna, fornire fotocopie chiare e di immediata lettura a colpo d’occhio;
- Predisporre azioni di tutoraggio (peer tutoring):
- Sollecitare collegamenti tra le nuove informazioni e quelle già acquisite ogni volta che si inizia un nuovo argomento di studio;
- Promuovere inferenze e collegamenti tra le discipline (es. luoghi e fatti storici accaduti);
- Fornire schemi grafici relativi all’argomento di studio per orientare l’alunno nella selezione delle informazioni essenziali;
- Privilegiare l’apprendimento esperenziale e laboratoriale attraverso il “fare” nella splendida accezione Montessoriana;
- Sviluppare processi di auto ed etero-valutazione educando all’osservazione e alla criticità;
- Ridurre la quantità dei compiti, apprezzare pertanto la qualità degli apprendimenti (processo) e in forma minore la quantità (prodotto finale);
- Motivare al miglioramento evitando stati di tensione verso la prestazione;
- Organizzare la comunicazione (narrativa o argomentativa) in sezioni intervallate con momenti di rinforzo (parole chiave, sunti, richiami) per consentire agli alunni di rientrare nel flusso della comunicazione (sequenzialità) con facilità.
Caterina Lo Gerfo
Pedagogista clinico, Consigliere Nazionale Uniped, [email protected], Cell. 389.98.63.682
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