Addio all’eroe dei nostri giorni. Nel pomeriggio di domenica 2 febbraio, è morto il dottor Carlo Spagnolli, colui che ha dedicato tutta la sua vita ai poveri in Africa.
Il medico è morto in una clinica di Rovereto, in Trentino Alto Adige. Il decesso è avvenuto a seguito di una lunga malattia. Era infatti malato di cuore, nello specifico soffriva di una gravissima cardiomiopatia. Il tutto era partito nel 2012, quando aveva avuto un infarto mentre si trovava nello Zimbabwe. Da quel momento, a causa della malattia, non era potuto tornare in Africa se non per brevi periodi. Nel 2018, poi, aveva dovuto interrompere totalmente i suoi viaggi.
Carlo Spagnolli è nato a Roma nel 1949. Nel 1975, la laurea in medicina e chirurgia. Poi, immediatamente, la partenza per l’Uganda per svolgere il servizio civile. Qui, però, vi è rimasto per 14 anni. Dal 1989 altre partenze sempre all’interno del continente africano: prima in Eritrea, poi in Etiopia e in Camerun. Ancora, nel 1996, lo spostamento in Zimbabwe, la terra in cui mette le sue radici. Grazie all’aiuto economico di amici trentini e dell’Associazione Lifeline Dolomites di Claudio Merighi, inizia a dare il suo aiuto alle popolazioni presenti. Tra le varie attività svolte, vi è il coordinamento dei reparti di chirurgia e ginecologia nell’ospedale Luisa Guidotti a Chinoy.
Poi, la lotta all’Aids. Il medico apre il “Villaggio San Marcellino“, casa di accoglienza per i bambini orfani a causa dell’HIV, e una scuola per infermiere. In seguito, amplia la sua attività con l’apertura della “Casa della gioia di Mariele Ventre“. Quest’ultima, dedicata alla fondatrice dello Zecchino d’Oro, si occupa della riabilitazione dei bambini affetti dall’Aids.
Durante la sua permanenza in Africa, il dottor Carlo Spagnolli ha conosciuto Angelina, la donna che sarebbe diventata la moglie e la madre dei figli, ma morta prematuramente nel 2010. Il medico lascia i tre figli, Francesco, Giovanni ed Elisa, i quali sono intenzionati a portare avanti le attività del padre. “Non sarà facile onorare la memoria di papà, magari aprendo qualcosa che può essere un centro modico o una struttura per ragazzi in suo nome, con l’aiuto di qualche associazione che lo sosteneva. Ma lo faremo. – hanno dichiarato – Quello che ha fatto papà rimarrà per sempre. Anche noi ci sentiamo caricati di questo impegno, che onoreremo secondo le nostre possibilità. Non sarà facile, ma glielo dobbiamo per tutto quello che ci ha insegnato“.