Paura di Parlare: Quando Le Parole si Incastrano nella Gola dei Bambini

Avevo già parlato di Mutismo Selettivo in un articolo nel quale ho dato qualche informazione su questo disturbo, riportando semplici consigli e “astuzie” per gli insegnanti (e non solo!) su cosa fare o non fare per aiutare un bambino a superare la sua paura di parlare.

Tutto ovviamente proveniente dal bagaglio di conoscenze acquisito da e durante le formazioni sul Mutismo Selettivo curate dalla Psicoterapeute dello Studio Smail.

Questa volta vorrei prendere in considerazione questo disturbo legato all’ansia da una prospettiva diversa. Quella di chi vive con un bambino, o con un adolescente che soffre di Mutismo Selettivo vale a dire i genitori, le sorelle, i fratelli.

Ho parlato con tanti genitori per cui ho una vasta gamma di esperienze da raccontare.

Primo impatto: inizio scuola dell’infanzia (a volte anche il nido ma probabilmente è difficile a quell’età diagnosticare il Mutismo Selettivo). Normalmente si viene convocati a scuola dopo un mese o due dall’inizio.

La scena è simile per tutti: l’insegnante parla di un bambino che dalla descrizione il genitore non riconosce come suo. Eppure sta parlando di lui. Chiamiamolo Riccardo. La maestra dice che Riccardo non parla con lei, non le risponde. Non gioca, non corre, non vuole fare giochi o attività di gruppo.

Reazione del genitore è di stupore totale a casa Riccardo è allegro, un ciclone, non-sta-zitto-un-attimo.

Questo è un momento molto delicato. Tutto dipende dalla comprensione, dall’apertura mentale, dalla capacità di lavorare insieme dei genitori e degli insegnanti.

Le reazioni sul momento possono essere di reciproca incredulità, a volte diffidenza.

Oggi c’è internet, ormai se ne parla, tanti articoli, libri, associazioni ma fino a pochissimi anni fa si pensava che il mutismo selettivo avesse come cause abusi e violenze di vario tipo, ipotesi fomentate anche da certa letteratura.

Immaginate quindi quale calvario per le famiglie dover dimostrare anche la propria innocenza!

Di strada ne abbiamo fatta tanta ma per i genitori l’impatto è sempre forte. Sappiamo bene che anche la più piccola difficoltà che metta il bambino in una condizione di diversità in rapporto agli altri, viene vissuta con sofferenza.

Il genitore comincia a fare un excursus di tutta la sua vita passando in rassegna gli episodi che secondo lui o lei possono aver inciso e provocato l’ansia del proprio figlio/a. Forse i traslochi frequenti, forse il cambiamento improvviso di città, forse la baby-sitter, forse il tuo carattere chiuso, non mi avevi detto che da piccola avevi avuto dei problemi, forse i nonni, colpa di tua madre, di tuo padre, tua, mia…

Il senso di colpa diventa una specie di macigno legato alla caviglia. Lo si porta ovunque, ogni qual volta qualcuno mostra insofferenza o esprime una critica nei confronti del silenzio di vostro figlio.

Il macigno diventa gigantesco quando lo vedete tra gli altri ma in disparte, quando lo portate al parco e lui è gioca sempre da solo.

Non serve a nulla la colpevolizzazione o meglio serve ad aumentare il malumore e la disarmonia familiare e il bambino lo decodifica come una SUA colpa! Io non parlo e rendo infelici i miei genitori. I miei genitori litigano a causa del mio silenzio. E si chiude sempre di più.

Abbandonate il senso di colpa. Concentrate le vostre forze NON sul silenzio, NON forzate la parola, anche se è difficile, dimenticate il suo sintomo e spendete la vostra energia per abbassare la sua ansia. Dategli fiducia.

E questo vale per tutti: genitori e insegnanti. Mission impossible lo so ma ne vale la pena. Pensate che il bambino è già sottoposto quotidianamente a continue sollecitazioni “e perché non parli?”, “ma sei capriccioso forte eh”, “dallo a me e vedi come gli insegno l’educazione”. Da parte di tutti parenti, amici, estranei, i negozianti dai quali si va abitualmente, la cassiera del supermercato, il viaggiatore in treno, il vicino di casa.

Una mia amica mi racconta spesso dell’insistenza dell’inquilino del piano di sopra che tutti in famiglia chiamano “Furio” come il personaggio di Carlo Verdone per la sua pedanteria, ogni incontro in ascensore all’inizio era un’angoscia, oggi ha imparato a riderne con sua figlia.

Il “Furio” in questione non si arrende, ogni giorno esige il buongiorno e a turno tenta tutte le carte: il rimprovero alla bambina, la colpevolizzazione dei genitori (dovreste insegnargli a salutare), la falsa gentilezza, il ricatto (fermo l’ascensore se non mi dici una parolina), la corruzione (se mi dici buonasera signor …domani ti regalo un pacchetto di caramelle).

In ultimo lo spionaggio: guarda che ti sento che parli con la mamma e papà, lo so che parli sai!

Sì voi sorridete ma all’inizio si vive tutto questo con grande difficoltà, come reagire, cosa rispondere, come scacciare quella piccola sensazione di vergogna?

Da soli è molto difficile. Bisogna essere sostenuti per sostenere i bambini. Per questo è essenziale formare equipe genitori-insegnanti-psicoterapeuta.

So che non è facile trovare uno psicoterapeuta esperto di Mutismo Selettivo, non tutti hanno sviluppato i loro studi e la loro specializzazione su questo disturbo forse perché ritenuto raro, anche se oggi con a velocità di diffusione delle notizie e delle informazioni si pensa che probabilmente sia più diffuso di quanto si pensi.

Ma oggi per fortuna anche tramite le associazioni si è formata una rete che permette di sapere se in quella città ci sia o meno uno specializzato in Mutismo Selettivo.

paura di parlare

Sarà essenziale per i genitori e anche per l’insegnante, come ho già detto normalmente i bambini al di sotto dei 6 anni non vanno in terapia diretta dallo psicoterapeuta. Il lavoro viene fatto con i genitori e la maestra, non è forse a scuola che si rafforza maggiormente lo stato d’ansia e il blocco verbale?

E allora è lì che bisogna lavorare per abbassare l’ansia, l’insegnante sarà in questo modo facilitata e alleggerita nel suo lavoro perché supportata e consigliata.

Per quanto riguarda i genitori e la famiglia tutta, i fratelli e le sorelle anche se è difficile rispettare questa “consegna”: dimenticate il silenzio di vostro figlio/a, della vostra sorellina o del vostro fratellino.

So che è facile a dirsi, ma difficile da mettere in pratica, anche se dentro il pensiero è fisso, con il bambino evitate di fare continui riferimenti al suo silenzio, non domandate in sua presenza alla maestra o al terapeuta “ha parlato?”.

Tanto lo sapete benissimo che quando avverrà lo verrete a sapere. Alle domande, alle sollecitazioni, alla curiosità morbosa o innocente dei parenti diffidenti, degli estranei increduli rispondete che “sì vostro figlio non ha paura di parlare e sa dire buongiorno e buonasera, e grazie /prego, solo che a volte le parole non riescono a uscire tutto qui”. “Le parole si incastrano nella gola” come disse una bambina alla Dottoressa Gorla. A volte, non sempre.

Vostro figlio vi sentirà al suo fianco, quel “a volte, non sempre” darà anche un senso di precarietà al suo silenzio, come dire “ora è così ma un giorno sarà diverso”. Tutti noi, tutti indistintamente abbiamo bisogno di tempo, di fiducia e di AMORE.

L’accettazione dell’altro non malgrado, ma CON i suoi limiti e le sue debolezze è la prima tappa nella strada verso la conquista dell’autostima. Si comincia da piccoli e si prosegue da grandi. Vale per i piccoli: ad un bambino che ha superato il Mutismo Selettivo alla domanda “cosa provavi quando non riuscivi a parlare?”, rispose PAURA di parlare agli altri, anzi del giudizio degli altri.

L’interpretazione è sua, è il suo sentire, la sua sensazione, ma dentro c’è tutto.

E non è forse anche lo stesso “sentimento” dei genitori? Il Mutismo Selettivo è una difficoltà particolare, non è evidente, non ha evidenze fisiche, si manifesta in certe situazioni, soprattutto quelle pubbliche dove in un attimo si diventa genitori che non -hanno-saputo-educare-il-bambino.

Il giudizio degli altri, anche per gli adulti, è un problema. A volte, non sempre.

Altra grande preoccupazione, sicuramente una delle più diffuse: in caso di pericolo come farà a chiedere aiuto?

Questo è un pensiero-incubo ricorrente. Tutto dipende anche dall’età ovviamente. Potete fornirgli dei piccoli biglietti con su scritte delle frasi-tipo, “mi fa male la pancia” oppure “sono caduta”.

Poi spetterà a voi di riuscire a sapere più informazioni, anche per prevenire casi di bullismo.

Chiedete allo Psicoterapeuta come far fronte a questi rischi.

Non restate soli a rimuginare sulle cause. Fate sport, yoga, pratiche “dolci”, arti marziali, leggete, viaggiate … insomma soffre di Mutismo Selettivo non di qualcosa di grave e incurabile. Proprio per rispetto di chi vive questi drammi terribili. REAGITE!

Cercate anche su internet delle associazioni, dei gruppi, anche nei social, non demonizziamoli i social, se usati bene sono un supporto validissimo e luogo di scambi e di informazione importantissimi.

Parlatene anche con uno Psicoterapeuta, magari lo stesso del bambino, o con qualsiasi altra persona per fa parte del vostro percorso di vita. Non chiudetevi anche se la vita sociale diventa più difficile, così come sono più difficili le uscite, le vacanze con amici o parenti che hanno figli coetanei del vostro.

Parlatene, forse il mondo è meno ostile di quanto pensiamo se parliamo, se ci apriamo e spieghiamo. Se le persone ci vogliono bene capiranno e faranno di tutto per metterci a nostro agio, che poi tutto si riduce ad un un’unica cosa: rispettare il bambino, non sollecitarlo e parlargli normalmente.

Vi indicherà sì o no con la testa o vi sorriderà. Tutto qui. Non fa niente se al mare il vostro sta sotto l’ombrellone a giocare (comunque felicissimo) e gli altri scorazzano insieme per la spiaggia. Ora è così, lasciategli il tempo di adattarsi al mondo, alle nuove esperienze, prima o poi una delle palette la condividerà con un altro bambino.

I castelli di sabbia non hanno bisogno di parole.

 


Autore articolo
Adriana Cigni

Adriana Cigni

Responsabile Pubbliche Relazioni Milla ONLUS ed Organizzatrice di incontri di formazione gratuiti sul Mutismo Selettivo in tutta Italia

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