Ridono Quando Dico che Bisognava Togliersi le Scarpe per Entrare in Classe

Ho frequentato i primi sei anni scuola in Svizzera, dalla Prima alla Sesta classe. Ho iniziato la scuola a 7 anni.

 

Quando mi capita di raccontare a qualcuno come funzionava la scuola lì, ridono, a stento mi credono quando dico che prima di entrare in classe avevamo la buona abitudine di togliere le scarpe e mettere le ciabatte. Ognuno aveva la proprie, il proprio appendi abiti e il posto dove lasciare lo zaino. La classe era molto grande e c’erano diverse e ampie lavagne, un lavandino, un divano e molte piante.

 

 

Il banco si apriva e poteva contenere tutti i libri, la sedia ad ogni inizio dell’anno veniva regolata in base all’altezza di ogni alunno, in modo da poter stare più comodo.

 

Ogni settimana ognuno di noi aveva dei compiti da svolgere, qualcuno annaffiava le piante, qualcun altro puliva la lavagna, se si sporcava si puliva a terra. Facevamo la raccolta differenziata, e una volta ogni sei mesi passavamo una giornata fuori in paese a raccogliere la carta lasciata davanti le abitazioni. Educazione fisica due volte a settimana, una volta in palestra e una volta in piscina. Una volta a settimana avevamo delle lezioni che si alternavano tra cucito e lavorazione di legno, terra cotta, plastica ecc. Dalla Settima classe in poi si sarebbe introdotta una lezione di cucina.

 

La cosa che negli anni a venire ho ricordato con molta nostalgia è il modo in cui apprendevamo giocando.

 

Dalla Svizzera mi sono trasferita in Italia, precisamente in un piccolo paesino della Calabria. Il primo giorno di scuola in Italia lo ricordo come un incubo. Sono tornata a casa piangendo e implorando i miei genitori di non mandarmi più in quella cosa chiamata scuola.

 

Aule fatiscenti, piccolissime, una sedia troppo piccola per me che sono alta da sempre, il banco con quella specie di porta libri sotto, una lavagna sola. Per me era cosa nuova dover comprare i libri e le matite e le penne e i colori e gli acquerelli e tutto quello che serviva, dover portare tutto nello zaino, sempre troppo pesate e spesso troppo piccolo per contenere tutta quella roba.

 

La scuola in svizzera ti forniva di tutto l’occorrente. È stato tremendo scoprire che ci fosse una sola ricreazione di 10 minuti, da dover passare seduta e in classe, quando io ero abituata ad almeno 5 minuti di pausa ogni ora ed ero libera di uscire in cortile e fare quello che volevo.

 

Un’altra cosa che davvero mi ha lasciata spiazzata è stato il dover chiedere il permesso per andare in bagno, e le ragazze potevano andare in coppia. In Svizzera quando qualcuno aveva necessità si alzava, andava e tornava e le ragazze sono sempre andate da sole.

 

Ad oggi, posso assicurare che gli insegnamenti che ho ricevuto nella scuola in Svizzera mi hanno resa un cittadino civile, responsabile e rispettoso.

 

Concludo citando Pitagora: ”Educate i bambini e non sarà necessario punire gli uomini.”

 


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maria vuoto

Maria Vuoto

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5 commenti su “Ridono Quando Dico che Bisognava Togliersi le Scarpe per Entrare in Classe”

  1. Purtroppo questa è la bella ‘Italia, non meriterebbe neppure d’esser scritta o pensata con l’iniziale maiuscola… Dovrebbe inchinarsi davanti a nazioni che sanno veramente cosa significhi civiltà, educazione, rispetto e umanità per i più deboli…
    (scusate lo sfogo)

  2. La descrizione che hai dato della scuola svizzera somiglia molto a quella che può dare della propria scuola un bambino giapponese.
    Spero tanto che, prima o poi, anche igovernanti italiani capiscano l’importanza di investire seriamente nell’educazione dei propri cittadini!
    P.S.: vivo in Giappone.

  3. Ciao, sono un’insegnante, tra l’altro nata in Svizzera e cresciuta in Italia. La tua storia mi ha profondamente colpito. Vorrei anche io una scuola come quella che descrivi…ognuno di noi può nel suo piccolo segnare una svolta che avvii il sistema scolastico verso l’innovazione e il cambiamento…anche istruendo le famiglie al rispetto e alla civiltà.
    Grazie per il tuo racconto

  4. Io sono abruzzese e insegno in Alto Adige da 21 anni. Anche qui nelle scuole in lingua tedesca dall’asilo nido alla scuola media, quando i bambini arrivano la mattina tolgono le scarpe e infilano le pantofole, è una cosa molto sautare. Ogni bambino ha il suo posto fisso per lasciare le scarpe e il cappotto e in classe c’è un lavabo per riempire la bottiglietta dell’acqua e lavarsi le mani. A turni settimanali i bambini sono “responsabili” per l’ordine della classe, puliscono la lavagna alla fine di ogni ora e controllano che alla fine delle lezioni tutti abbiano messo la sedia sul banco, per agevolare i lavori di pulizia dei bidelli e delle bidelle, che qui lavano ogni giorno tutte le aule. Banchi e sedie sono di legno per ridurre il rumore e sono tutti della grandezza giusta in base alla statura del bambino. Chi rompe paga, chi sporca pulisce. I genitori lo trovano giusto e non vengono a lamentarsi perché il figlio ha dovuto prendere la scopa per raccogliere quello che aveva buttato a terra di proposito. Nella scuola superiore se gli alunni sporcano i muri li ridipingono e se infrangono il regolamento scolastico svolgono lavori socialmente utili, anzichè prendere una sospensione con obbligo di frequenza: raccolgono le foglie in cortile, spalano la neve, lavano i vetri, fanno le fotocopie o svolgono un lavoro per alcune ore in una istituzione quale casa di riposo, centro giovani ecc.

  5. Sicuramente uno spaccato aggiornato della situazione scolastica che noi genitori con insegnanti e persone più attive cerchiamo di migliorare ogni giorni.
    Vorrei solo sapere. Senza entrare nel privato. Quale potrebbe essere stato il motivo del trasferimento.
    L’italia spesso è un’alternativa di accoglienza.

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