Più leggo i mirabolanti anglicismi del didattichese, più ascolto il pappagallare dei mantra pedagogici modernisti della fuffoscuola e più mi rendo conto che non hanno inventato un piffero…anzi un flute.
Forse potranno stupire con effetti speciali le nuove leve nutrite a pane e Agnelli ma a noi dinosauri non ci fregano. Io nel giurassico ho già adottato tutti i metodi ribattezzati con rito inglese e li chiamavo, ingenuamente, ricerche a casa da discutere in classe (flipped classroom), lavori di gruppo strutturati (cooperative learning), lavoro a gruppi o coppie di livello (peer to peer), dibattito guidato (debate) o gare e giochi lessicali o strutturali (gamification).
Addirittura nella mia beata incoscienza facevo autoprodurre materiali come giornalini, cruciverba, ricette e giochi enigmistici in inglese e, udite udite, trattavo argomenti di cultura, civiltà, scienze, geografia in inglese (Clil).
Che dire poi delle ore dedicate al confronto fra i sistemi di governo, di istruzione, la divisione dei poteri, le libertà civili e la salvaguardia dell’ambiente (educazione civica)? Oltre a tutte quelle amene e interessanti attività extra curricolari che non chiamavo progetti, né rendicontavo ma effettuavo con naturalezza durante le mie ore di lezione senza rompere le scatole a nessuno?
Oh e la scuola inclusiva??? Beh non ricordo di aver mai lasciato indietro nessuno e di aver adottato invece tutte le migliori e più efficaci strategie per gratificare anche i minimi progressi, con valutazioni formative e attenzione ai processi più che ai risultati. Forse non conoscevo ancora l’indice di funzionamento cognitivo né l’acronimo corrispondente a certi disturbi ma non ho mai omesso di aiutare un alunno in difficoltà e gli strumenti mi venivano offerti dalla mie competenze professionali.
Non sarà mica che la rivoluzione pedagogica sbandierata ovunque è vecchia quanto il cucco ed è operazione formalmente lessicale mentre dietro la fuffoscuola fumogena si intravede semplicemente il nostro collaudato “mestiere”?
– Antonella Currò