L’utilizzo delle nuove tecnologie digitali è uno dei fronti attivi della nuova/buona scuola (?). Esistono applicazioni e dispositivi che renderebbero la giornata scolastica certamente più facile (per i docenti) e più appetibile (per i ragazzi).
È un fatto però che tali tecnologie arrivino nel quotidiano delle scuole a volte per complicare certi meccanismi soprattutto burocratici e invece le app per i ragazzi siano già obsolete in fase di presentazione. Ma tant’è.
La scuola non sarà mai al passo coi tempi se ogni innovazione, o suo tentativo dovrà passare tra labirinti di burocrazia e dribblare disposizioni dirigenziali volte, spesso, molto spesso, a privilegiare circoli magici o pararsi il fondoschiena da eventuali ricorsi/reclami.
Una sola app ha infranto la ritrosia di tutti: studenti, famiglie e ahimè anche docenti: il famigerato WHATSAPP. E se conosciamo la mania dei ragazzi di essere sempre in contatto senza magari parlarsi anche se in presenza, ma prediligendo la vibrazione del messaggio, e se mal tolleriamo l’effetto portinalizio dei gruppi di mamme conoscendone gli effetti da provincia anni ‘50, sottovalutiamo gli effetti dei gruppi di docenti.
Provate. L’annessione a tali gruppi avviene praticamente d’ufficio per ogni nuovo arrivato. È come entrare in una setta satanica, ne uscirai solo con la morte (o il trasferimento)!
Nella mente dei dirigenti o chi per loro sarebbe un modo semplice, immediato, per comunicare eventi improvvisi, assenze, scadenze.
Nella realtà è una forma di stalking. Questi cicalini e vibrazioni continue, irritanti, perniciose per vite familiari e sociali in presenza, la versione digitale degli arresti domiciliari, un braccialetto elettronico che ti tiene legato al luogo di lavoro e alle sue dinamiche anche quando la campanella è finalmente suonata.
Si può silenziare. Certo. Non è un problema tecnologico. Solo che poi partono i non hai letto, i perché non hai letto, e di conseguenza i perché non hai fatto. Ma perché? Dovevo? Devo lasciarmi limitare la libertà di spegnere il cellulare o di non esserne infastidita?
Non sono un freelance. Sono una persona che tutti i giorni è a scuola e reperibile, che ha un indirizzo mail dove ricevere le comunicazioni ufficiali. Mi chiedo se informazioni o prescrizioni o ordini che dir si voglia comunicati attraverso whatsapp abbiamo valore legale. Ritengo sia una violazione della mia privacy, l’invasione di un mio spazio privato in un tempo che non è più di lavoro, ma, appunto, libero. L’Fbi non ottiene dati da apple, whatsapp stesso usa la crittografia per tutelare la privacy degli iscritti al servizio ed io non posso averla.
Puoi uscire però. Certo, anche qui non è un problema del software. Dovrebbe essere presente però, l’opzione “ESCI DAL GRUPPO…DI NASCOSTO” altrimenti gli strali arriveranno da tutte le parti, mascherando la reprimenda come asocialità e non fare gruppo, non lavorare in team… Oddio… Un tiro al bersaglio degno del martirio di San Sebastiano.
In più, tempo mezz’ora tutti sapranno quello che hai fatto, dirigente, DSGA, ATA, tutti. In passato la gola profonda era una, ora non sai di chi fidarti invece.
Rimpiango i giorni in cui le comunicazioni arrivavano per via ufficiale e capivi se erano prescrittive o meno. Resta un mistero però del perché la ramanzina arrivi sempre ufficialmente.
So di dire qualcosa di impopolare, di non politicamente corretto, ma fare l’insegnante è una professione, non la vita. Una professione che si può amare alla follia, ma pretendere che inglobi come un blob spazio e tempo privato, no. La vita è altro. E ho diritto di viverla in silenzio, senza vibrazioni e senza il team.
Antonietta Terraglia, insegnante
Ottimo articolo!
Io non ho WHATSAPP e neanche ci tengo ad averlo. Mi basta la posta elettronica, gli sms e i registri elettronici. Anche da mamma. Non desidero utilizzare neanche i programmi per le classi virtuali come fa qualche mio stacanovista collega (poi lamentandosi di essere rimproverato dagli alunni o dai genitori se non risponde anche a mezzanotte su quel particolare compito assegnato). Spesse volte mi hanno invitata a scaricare l’infernale app ed ho risposto sempre di no. Al prossimo che cercherà di pressarmi, dirò che non desidero essere stolkizzata.
Grazie collega insegnante Antonietta Terraglia.
Io sono uscita dal gruppo whatsapp dopo essere stata oggetto di male parole per non aver condiviso fatti (molto) privati che invece son stati fatti fuoriuscire dalla segreteria. Non sono e non voglio essere obbligata a raccontare i fatti miei a chicchessia. Non voglio essere sempre reperibile. Voglio poter leggere un libro o fare una passeggiata senza dovermi fermare quasi a ogni passo per vedere cosa vogliono da me. Non voglio dover dare confidenza anche ai passanti. La vita è la mia e decido io chi farci entrare e chi no. Colleghi e genitori, NO!
Non sei nel gruppo, non vuoi entrarci e mentre prima la fiduciaria di plesso ti dava oralmente le comunicazioni, ora letteralmente si dimentica di te. Non sei nel gruppo, quindi non esisti.
Impopolare? Non certo per me che ho quattro gruppi wa di insegnanti. Ma ho avvertito: il venerdì dalle14.00 non rispondo più fino al lunedì alle 7.00.SE c’è qualcosa di VERAMENTE grave, mi facciano pure un “fonogramma”.