La Scuola Italiana È Classista? Risponde il Sottosegretario al Miur Giuseppe De Cristofaro

La scuola italiana è classista? A rispondere a questa spinosa questione ci pensa il sottosegretario al Miur Giuseppe De Cristofaro, il quale mette in evidenza un esempio ben preciso: «Al liceo classico ci va chi viene da una famiglia e da un contesto sociale ben precisi. Naturalmente se facessimo una stima su un istituto professionale vedremmo questo risultato completamente ribaltato».

Scuola Italiana È Classista

De Cristofaro dunque spiega quale sia il vero problema della scuola, al momento: «In Italia c’è stata una fase in cui la scuola è stata quello che dovrebbe essere: un ascensore sociale, uno strumento per costruire l’uguaglianza, e quindi elemento di democrazia. Dobbiamo lavorare per rimuovere queste differenze».

Quindi prosegue: «In Italia la crescita delle disuguaglianze e la crisi sociale acuta che si è determinata ha creato luoghi più disagiati e altri dove c’è un altro tenore di vita. La scuola deve lavorare il più possibile per rendere la nostra società più democratica. Invece la tendenza con cui ci confrontiamo vede una differenziazione sempre più forte. Per cui la priorità è invertire questa tendenza».

Camilla Sgambato, responsabile nazionale Scuola del Partito Democratico, continua in un certo senso il discorso aperto da De Cristofaro, invitando i genitori a compiere una scelta consapevole. In questi giorni infatti sono aperte le iscrizioni scolastiche, dichiarando «Scegliete nella maniera giusta e libera tenendo conto soprattutto delle inclinazioni dei vostri figli».

Anche Sgambato poi si sofferma sulla situazione del classismo scolastico, sottolineando come gli studenti scelgano la scuola superiore da frequentare: «Gli alunni purtroppo scelgono il percorso di studi non in base alle loro attitudini, ma in base al rendimento scolastico o, peggio, a seconda dell’ambiente e delle famiglie di provenienza. Questo comporta che la selezione in ingresso tra licei e istituti tecnici e professionali avviene sulla base di un giudizio tra “alunni bravi e studiosi e alunni che non hanno mostrato impegno”, senza soffermarsi, invece, sulle inclinazioni, sui desideri degli studenti. Dobbiamo esserne consapevoli, come genitori e come docenti».

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