La Seconda Vita di Lucia Azzolina è il Rientro a Scuola, Mai Nessun Ministro dell’Istruzione Lo Aveva Fatto

A Biella, i genitori e gli alunni dell’Istituto Comprensivo Biella 2 devono essere rimasti piuttosto allibiti quando, all’inizio dell’anno scolastico, a sedere nell’ufficio della presidenza hanno trovato nientedimeno che un ex ministro dell’Istruzione. Ad attenderli, infatti, c’era Lucia Azzolina, una delle ministre più discusse e criticate della storia italiana, nonostante un curriculum che, forse per la prima volta, appariva davvero indicato per il ruolo ricoperto.

seconda vita di Lucia Azzolina

Probabilmente, non poteva andare diversamente. Nominata ministro da Giuseppe Conte nel gennaio del 2020, ha dovuto affrontare l’avvento della pandemia, il difficilissimo periodo del lockdown e il rientro sui banchi di scuola a settembre, quando le restrizioni, soprattutto in ambito scolastico, suscitavano più di un malumore. Oggi, diventata mamma di Leonardo e tornata a lavorare in quella scuola che tanto ama, Lucia Azzolina ribadisce quello che era ed è il suo sogno per l’istruzione italiana e ripensa, con pacatezza e un velo di amarezza, alla sua esperienza parlamentare.

La novità di un ministro che torna a fare il proprio lavoro

Si può apprezzare o meno ciò che l’ex ministra ha fatto mentre era a capo del Ministero dell’Istruzione, ma non può lasciare indifferenti il fatto che, dopo essere a capo del dicastero di Viale Trastevere, Lucia Azzolina decide di rientrare nel mondo dal quale proviene: “Ho iniziato ad insegnare a 26 anni appena compiuti, ho continuato a farlo fino a che ho vinto il concorso di dirigente scolastico e poi sono entrata in Parlamento. Quindi, i miei 4 anni in Parlamento sono stati una parentesi, il mio lavoro è a scuola perché bisogna avere un lavoro. La politica è prestare momentaneamente le proprie competenze, ma è necessario possedere una propria professione. Io ce l’avevo, quindi sono tornata a fare ciò che facevo prima di entrare in Parlamento”

Per molti politici italiani – l’analisi è molto facile – non è così, ma per Lucia Azzolina “se hai fondato tutta la tua vita sul concetto di educazione, pensando che la scuola possa cambiare la vita delle persone” tornare a lavorare non è assolutamente un passo indietro, anzi. Nessun incarico di presidente di fondazione, associazione o assunzione in una partecipata avrebbe mai potuto darle la possibilità di fare ciò che ama, ovvero insegnare ed educare.

La filosofia di una Ministra che prima di tutto è un insegnante

Nella visione di Lucia Azzolina insegnare significa soprattutto educare, cosa che spiega per quale motivo lei abbia scelto di diventare dirigente di un istituto comprensivo, “perché è da lì che bisogna partire per formare cittadini migliori”. La scuola, dunque, viene intesa non solo come luogo deputato allo sviluppo delle competenze, ma come occasione per veicolare valori, visioni, relazioni e, non ultima, educazione all’affettività, tema del tutto lasciato in ombra dal nuovo dibattito sulla digitalizzazione.

Per Lucia Azzolina, infatti, è fondamentale “lavorare sull’empatia delle persone”, una buona pratica che deve tenere conto del fatto che “l’apprendimento è emotivo”. Un sorriso, una risata, una battuta fatta al momento giusto favorisce la relazione studente-insegnante e promuove la trasmissione delle conoscenze. Per l’ex ministro, dunque, i docenti dovrebbero ricevere una formazione ad hoc, come quella che viene impartita nei paesi del nord-Europa, dove c’è grande attenzione per questo tema al fine di riuscire a coinvolgere tutti, ma proprio tutti, nel processo di apprendimento.

“Essere bravi al liceo classico, dove ci sono studenti predisposti allo studio, con alle spalle famiglie benestanti, è facile. L’insegnante bravo si vede nei contesti difficili”. Solo così la scuola potrebbe tornare ad essere ciò che era deputata ad essere, ovvero quell’ascensore sociale in grado di migliorare lo status sociale degli appartenenti alle classi più svantaggiate.

La scuola come ascensore sociale

“Se a scuola vai solo per prendere lo stipendio a fine mese, non cambi la vita dei ragazzi, soprattutto in quelle aree del paese in cui la scuola è l’unica àncora di salvezza. Io sto restituendo quello che mi è stato dato.” Lo sa bene, la neo dirigente scolastica di Biella 2, che la scuola, nonostante i tagli e le criticità, rimane l’unico strumento possibile per risalire la scala sociale. E se oggi i figli dei medici sono medici e i figli degli operai sono operai, è proprio perché “a tutt’oggi l’impostazione della scuola italiana è quella della Riforma Gentile: da una parte i licei, dall’altra i professionali ed i tecnici, frequentati dalle classi sociali più svantaggiate. Hanno creato dei ghetti scolastici”.

Ghetti in cui i numeri degli studenti in classe, aumentati in conseguenza della Riforma Gelmini, impediscono la creazione di percorsi di studio personalizzati, con il risultato che “chi sta bene economicamente può permettersi le lezioni private, chi non sta bene resta indietro, viene bocciato e spesso va a finire in dispersione scolastica”. In questo contesto, dunque, il dibattito sulla digitalizzazione appare sempre meno pertinente, perché è evidente che non è lo strumento che hai in mano che assicura un futuro, ma la qualità dell’insegnamento. “La digitalizzazione è importante, ma i soldi non devono servire solo a riempire le aule di LIM e strumenti digitali”: ciò che conta è la formazione del corpo docente, perché “gli insegnanti bravi ti regalano pezzi di futuro, quelli che non lo sono li sottraggono”.

La delusione per un’occasione mancata

Ben venga, dunque, la digitalizzazione, ma per Lucia Azzolina il vero punto di svolta per migliorare la qualità della scuola italiana rimane la relazione umana tra insegnante e studente. Un aspetto, questo, che non è riuscito ad emergere durante la sua permanenza al Ministero dell’Istruzione. “Io sono stata ministro solo ai tempi del COVID ed è stato traumatico. Non avevo tempo per far emergere il mio essere soprattutto un insegnante: si parlava solo di chiusure, mascherine, trasporti, di come fare i test nelle scuole”.

Dalle sue parole traspare più amarezza, che rimpianti. Arrivata in Parlamento, avrebbe voluto portare la sua esperienza di insegnante, affrontare temi quali la formazione dei docenti, l’importanza dell’empatia nell’apprendimento, affrontare tutte quelle tematiche che avrebbero potuto davvero apportare miglioramenti nella scuola italiana. Tutti temi legati profondamente alla sua carriera di insegnante, che sono scomparsi dietro una cortina di critiche alla gestione della pandemia e di attacchi per lo più politici e strumentali su temi che, invece, altrove vengono trattati con la massima considerazione.

Bilancio dell’esperienza ministeriale

Capita che ogni ministro venga ricordato per un solo aspetto della sua azione di governo e a Lucia Azzolina è toccato dover essere ricordata per i banchi a rotelle, un tema che avrebbe meritato più attenzione e meno critiche. “Quei banchi a cosa servono? A fare in modo che le classi di oggi non siano uguali a quelle di cento anni fa, con il professore davanti e gli studenti immobili, al loro posto. Io parlo voi mi ascoltate.”

La verità è che le critiche feroci, sconfinate in intollerabili attacchi misogini e violenti, hanno solo fatto parte di un tentativo tutto politico di screditare la persona invece dell’azione politica. “Maria Montessori già all’epoca parlava di banchi mobili” e “Piero Angela li elogiava, mostrando cosa si riusciva a fare nelle scuole che li utilizzavano, come si potesse lavorare tutti insieme, quale potesse essere la scuola del futuro”.

Se li chiami banchi a rotelle, non capisci nulla di scuola

Aldo J Andreano – fondatore Your Edu Action

Comunque la si possa pensare, infatti, i banchi a rotelle non sono un’invenzione dell’ex ministro Azzolina, ma qualcosa già utilizzato con successo nelle scuole del nord-Europa, nell’ottica di promuovere nuovi metodi d’insegnamento e la capacità di lavorare in gruppo. Un aspetto, questo da non sottovalutare, poiché “nel mondo del lavoro ti chiedono di saper lavorare in team e nella scuola ciò non si insegna”. Erano infatti almeno dieci anni che i presidi promuovevano l’utilizzo delle sedute modulari o banchi monoposto (i veri nomi dei ‘banchi a rotelle’, ndr) negli istituti secondari di secondo grado, quindi l’esigenza di applicare un adeguato distanziamento sociale durante la pandemia poteva essere l’occasione giusta per investire in uno strumento che, soprattutto, proponeva una nuova visione della scuola.

Purtroppo “questo è un paese che tende a considerare i soldi messi sulla scuola come una spesa e non come un investimento”, di conseguenza i 10 miliardi stanziati all’epoca grazie all’emergenza COVID finirono per mancare il bersaglio.

Ma oggi Lucia Azzolina è serena. Ha fatto ciò che ha potuto in un momento difficile e non rimpiange nulla. Talmente serena, che è tornata a fare ciò che ama. E chissà: magari in un futuro nemmeno troppo lontano, quando i “banchi a rotelle” diventeranno le sedie modulari tradizionali dell’ambiente di classe, ci sarà chi dirà “ti ricordi di quella ministra che già tanti anni fa aveva parlato dei benefici e cercato di introdurre i tanto derisi banchi a rotelle?!”

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