Scuola alla Deriva, Senza Valori Dove Tutto È Ridotto a Numeri e Noi Insegnanti ci Sentiamo Dire “Mica Lavori in Miniera”

Una professoressa di lettere di Rimini, che sta per andare in pensione dopo 38 anni di insegnamento, ha espresso alcune considerazioni sullo stato della scuola italiana, a suo parere sempre più simile a un’azienda. I suoi commenti sono stati riportati da Il Corriere Romagna.

mica lavori in miniera

La docente ha notato un cambiamento significativo nel modo in cui vengono valutati gli studenti. “Recentemente ho riletto le valutazioni che avevo scritto per gli allievi che oggi hanno 52 anni e con cui sono ancora in contatto. Era importante fornire un giudizio personalizzato per ciascuno, mentre ora ci limitiamo a redigere un documento generale il 15 maggio in cui ogni insegnante parla della classe nel suo complesso. Tutto è ridotto a numeri”, ha affermato la docente in modo critico.

Ha poi commentato sull’educazione dei ragazzi odierni: “Da un lato, la scuola si è trasformata in un’azienda, dall’altro si è spezzato il patto con le famiglie. I genitori delegano l’educazione dei figli, ma vogliono dettare le regole senza fiducia reciproca, minando il rispetto dei ruoli e la serenità del dialogo. Il problema peggiore è la paura dei professori di essere denunciati per qualsiasi cosa. Sono preoccupanti le lamentele riguardo ai compiti assegnati e ai ragazzi portati in vacanza nel bel mezzo dell’anno scolastico. Ormai si fanno minacce non solo in caso di non ammissione all’anno successivo, ma anche per un’insufficienza. Non stiamo lavorando insieme per quanto riguarda l’educazione dei ragazzi. Per quanto mi riguarda, ho sempre dato alle classi l’opportunità di recuperare fino all’ultimo momento, ma molti studenti rinunciano a certe materie per poi recuperarle in estate. Un altro problema è che lo studio non è più visto come un dovere”.

La professoressa ha anche parlato dello scontro tra genitori e insegnanti: “Ciò è dovuto a una lunga campagna che mira a screditare gli insegnanti su molti fronti. Nessuno di noi può lamentarsi senza sentirsi rispondere con frasi del tipo ‘Non lavori in miniera’. Si diffondono leggende metropolitane sulle ferie lunghe tre mesi, senza considerare gli esami di Stato che si tengono sia dentro che fuori dalla scuola, le riunioni e gli esami per recuperare i debiti entro la fine di agosto. Si narra che lavoriamo solo tre ore al mattino, ma c’è molto di più. C’è un lavoro nascosto, dalla correzione dei compiti alla preparazione dei progetti, passando per varie funzioni come il coordinamento di classe. Senza dimenticare le ore settimanali di ricevimento che diventano spesso pomeridiane durante l’anno. Tutto questo senza compensi aggiuntivi, ma basandosi su tariffe fisse che non considerano il gran numero di ore impiegate”.

La scuola dovrebbe preparare gli studenti per un lavoro futuro? “Si è affermata una scuola che prepara i ragazzi per un lavoro, tanto che gli stage sono previsti anche nei licei. Le discipline pratiche o legate all’informatica e alla tecnologia hanno il sopravvento. È importante lavorare sui grandi temi dell’educazione civica. Il programma e le scadenze sono importanti, ma quando era necessario, ho sempre chiuso i libri. Nulla è più importante del giovane che hai di fronte. Mi piace affrontare le sfide, ho bisogno di studenti che possono anche arrabbiare ma sono curiosi. Non ho mai voluto mummie tra i banchi”, ha aggiunto la docente.

La professoressa ha anche spiegato quali sono i compiti del coordinatore di classe e il suo ruolo in caso di bocciatura: “Un insegnante con molte responsabilità, tra cui gestire il rapporto con le famiglie, spesso poco presenti. Spetta a lui anche la telefonata che comunica la bocciatura, ma sarebbe meglio tornare all’uso del telegramma, perché le famiglie si scagliano contro colui che è solo un portavoce e non può rispondere agli insulti per evitare denunce”.

Infine, la docente ha commentato il caso di Rovigo, in cui degli studenti hanno sparato a una professoressa con una pistola ad aria compressa e sono stati inizialmente promossi con buoni voti in condotta: “Non è un buon segnale. Era necessario dare un 5 in condotta e bocciarli. A volte, come categoria, sbagliamo per evitare problemi o perché riteniamo positivo essere troppo accomodanti, trasmettendo il messaggio che tutto è dovuto e riducendo gesti gravi a semplici bravate. I giovani non hanno consapevolezza dei limiti né del fatto che gli insegnanti sono pubblici ufficiali”, ha concluso la docente.

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