Simone Sinigaglia, operaio di 40 anni, ha scritto “La faccio finita” e l’ha fatto sul serio. Non ha retto al forte stress di eventi forse più grandi di lui e ha deciso di non vivere più. La cuoca della mensa aziendale, una fra le ultime persone ad averlo visto in vita, ricorda il suo sorriso durante quello che poi si sarebbe rivelato il suo ultimo pasto.
Alle 13.45 il direttore del personale della IVG Cobalchini di Cervarese Santa Croce, azienda presso cui era operaio Simone, gli consegna la lettera di licenziamento. Simone prende la lettera, la legge e rimane impassibile. Non una parola, semplicemente si gira e se ne va.
La lettera era la conseguenza di accertamenti sulla fruizione della legge 104 da parte di Simone. Era da agosto che studiavano le presunte irregolarità, e Simone pareva sereno, racconta il fratello Davide, che lavora nella stessa azienda da 30 anni.
Simone si allontana e forse girovaga un po’. Poi si sposta in un luogo a lui molto caro, in cui spesso va a pesca con gli amici pescatori come lui. In riva al Fratta Gorzone scrive un biglietto di scuse e lancia due accorati e angosciati messaggi, uno al fratello e l’altro a un amico della pesca.
“La faccio finita“, scrive all’amico. E gli consiglia di portare con sé i carabinieri nel luogo “che tu sai”. Al fratello, invece, comunica di esser stato licenziato in tronco. Anche questo messaggio contiene il tremendo “La faccio finita”.
Partiti immediatamente i soccorsi, non c’è stato nulla da fare: Simone si era già impiccato al ramo di un albero. Inutile sottolineare lo sgomento di familiari e amici per un gesto così disperato e – chissà – forse evitabile.
Simone Sinigaglia usufruiva della legge 104 per l’accudimento della zia inferma. Secondo il fratello, la situazione era perfettamente sotto controllo e, nonostante l’esagerato provvedimento da parte dell’azienda, tutto si sarebbe poi sgonfiato e risolto con un richiamo, un’ammenda. Non gli può pace, a Davide, che Simone non l’abbia chiamato, ma solo avvisato con un messaggio quando sarebbe stato troppo tardi.
Anche i dirigenti sono costernati, non avrebbero mai pensato a un gesto simile e non si sono tirati indietro di fronte all’onda mediatica che li ha travolti, visibilmente scioccati e costernati per l’accaduto, prendendosi le giuste responsabilità.
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La procedura di investigazione – con tanto di detective e già deprecata dalla Cgil – contestava a Simone Sinigaglia l’impiego delle ore in cui si assentava dal lavoro per occuparsi della zia allettata. Da qui, prima dei richiami verbali, anche per l’uso del telefonino durante le ore di lavoro, poi richiamo per iscritto, infine la tremenda lettera.
L’azienda ha osservato un giorno di lutto, in cui tutti i dipendenti si sono stretti attorno al ricordo di Simone, un uomo buono e gentile, amante degli animali, indagato per presunte irregolarità nella fruizione di un diritto e schiacciato da un licenziamento che forse poteva non essere così in tronco.